Chris Froome ha vinto il Giro 101 con un'azione originale e inaspettata, ha riscritto la storia e ad...

Chris Froome ha vinto il Giro 101 con un'azione originale e inaspettata, ha riscritto la storia e adesso punta alla doppietta.
Chris Froome
continua a vincere e a riscrivere la storia del ciclismo, se l'anno scorso dopo
39 anni era riuscito a conquistare nello stesso anno Tour de France e Vuelta a
Espana, diventando il primo corridore a ricucirci da quando la corsa
spagnola si corre dopo il Tour. Adesso, dopo aver conquistato il Giro, guarda con grandi ambizioni al Tour de France,
puntando ad eguagliare, a 20 anni di
distanza, Marco Pantani, l'ultimo corridore capace di conquistare Giro e
Tour nella stessa stagione.
Vincendo il Giro, Chris è diventato il settimo corridore,
dopo Anquetil, Gimondi, Merckx, Hinault, Contador e Nibali a centrare la Tripla Corona, ovvero a
vincere Giro, Tour e Vuelta. Tra coloro che hanno centrato la Tripla Corona, è
il più anziano a riuscirci, avendolo fatto a 33 anni, ma anche colui che ha
impiegato meno tempo, visto che dal Tour 2017 al Giro 2018 sono passati solo 10
mesi, inoltre trionfando a Roma è diventato il terzo corridore a detenere
contemporaneamente le tre grandi corse a tappe dopo Eddy Merckx (1972-1973) e Bernard
Hinault (1981-1982).
Andando oltre i numeri, quella di Froome è stata una
vittoria diversa dalle altre, anzitutto perché ottenuta uscendo alla distanza e
conquistando la testa della classifica solo a fine Giro, mentre negli altri GT
vinti in precedenza, al più tardi aveva conquistato la maglia di leader alla fine della prima settimana. Se alla fine la
vittoria è arrivata comunque e il Team Sky ha conquistato anche la classifica a squadre, va detto che non abbiamo assistito
al solito dominio dello squadrone britannico che nelle tappe di montagna
metteva tutti in fila, a dire il vero solo in tre occasioni la squadra di
Brailsford ha mostrato tutto il suo potenziale: sullo Zoncolan quando Poels ha
spianato la strada a Chris, nella tappe del Colle delle Finestre quando sulla Cima Coppi il trenino Sky è entrato in
azione per lanciare il suo capitano e per finire nella tappa di Cervinia dove
hanno controllato la situazione senza affanni.
Conquistando il Giro, Froome oltre agli avversari ha battuto
anche la "maledizione" che
puntualmente sulle strade del Giro si abbatteva sui capitani della Sky e
anche stavolta tra la caduta di Gerusalemme e quella di Montevergine, con in
mezzo le difficoltà sui finali esplosisi nei primi 10 giorni, sembrava che il
Giro dovesse rimanere ancora una volta indigesto ai britannici.
Se quella sullo Zoncolan era stata la vittoria dell'orgoglio, per dimostrare che nonostante tutto, non era
venuto qui al Giro solo per intascarsi il cospicuo
gettone di presenza, ha capito di poter vincere nella tappa di Prato Nevoso
quando ha staccato il fin lì dominante Simon Yates. Rinfrancato da una
condizione finalmente in linea con le sue aspettative e dalle difficoltà della
maglia rosa, conscio che un piazzamento sul podio non avrebbe aggiunto granché
alla sua storia, ha deciso di giocarsi il tutto per tutto nella tappa del Colle
delle Finestre.
Scattando a più di 80 km dal traguardo, Froome è scattato verso l'ignoto, visto che
mai in carriera aveva provato qualcosa del genere, fondamentalmente perché non
ne aveva mai avuto bisogno. Pur attaccando lontanissimo dal traguardo ha dato
l'impressione di avere sempre il pieno controllo della situazione, riuscendo a
rimanere sempre un filo sotto il suo massimo potenziale per evitare una crisi
che avrebbe compromesso tanta fatica, e potendo contare, qualora non fosse
riuscito a prendere la maglia quel giorno, anche sulla frazione di Cervinia
dove avrebbe potuto attaccare nuovamente per completare l'opera.
Negli anni, complici le tante delusioni patite, abbiamo
imparato a guardare il ciclismo con un po' più di distacco e anche questi
record che sta riscrivendo Froome è come se
avessero un asterisco vicino, in attesa che si concluda la vicenda relativa
all'ultima Vuelta e alla questione salbutamolo, ma in quegli ottanta chilometri
di cavalcata solitaria è stato impossibile non esaltarsi o non tifare per lui.
In un solo pomeriggio, il corridore più calcolatore, più
sgraziato e più discusso è diventato il più coraggioso, il più bello e il più
ammirato andando a prendersi il cuore di
tanti tifosi come non era riuscito a fare conquistando quattro Tour e una
Vuelta.
Tra tanti anni saremo ancora qui a parlare di quella tappa
in cui Froome si prese il Giro con una cavalcata fantastica e di quel
pomeriggio in cui quel ragazzo che già tanto aveva vinto era sembrato davvero
il dio del ciclismo e al di là delle varie polemiche o del distacco con cui
guardiamo certe imprese, sono queste le pagine di cui ha bisogno il ciclismo
per tornare ai fasti di un tempo.