Parte da Israele il Giro d'Italia 101 per ricordare Gino
Bartali, giusto tra le nazioni, e la sua st...

Parte da Israele il Giro d'Italia 101 per ricordare Gino
Bartali, giusto tra le nazioni, e la sua storia di rivoluzionario in
bicicletta.
C'è stato un periodo in cui il ciclismo in Italia era tutto.
Era il periodo di Fausto Coppi e di Gino Bartali, due facce opposte di una
stessa medaglia, il paese diviso in due da una rivalità che poi negli anni
hanno cercato di ricreare con altri ma non è stata la stessa cosa mai. I
campioni erano parte di un sogno quotidiano.
E il Giro d'Italia ebbe il merito di
costruire leggende. Tappa con tappa, anno con anno.
Di Gino Bartali la gente ha conosciuto la testardaggine, la bontà di tutti i
burberi autentici che in fondo hanno un cuore così grande che forse hanno paura
a farlo vedere. E poi quel Tour del 1948,
quando dissero che l'Italia era divisa a
metà, sull'orlo della guerra civile, e Gino riuscì a rimetterla insieme con
la bicicletta, roba da non crederci.
Gino Bartali è stato il campione d'altri tempi, un ragazzo
che a dodici anni si mette a fare il meccanico di biciclette e poi scopre che
su quelle biciclette può correre forte, può vincere il campionato italiano e
arrivare quarto a una corsa come la Milano
Sanremo. Una scorza dura per un'anima quasi angelica, di quei contrasti che
il ciclismo mette insieme bene, li fonde per farne messaggeri di uno sport dall'anima
nobile e allo stesso tempo semplice, rustica come le sue origini. Ma Bartali non è stato solo un ciclista vincente,
è stato anche un uomo rivoluzionario a modo suo. E questa è una storia che per
anni è rimasta ignorata da tutti, nessuno sapeva e '“ per Gino '“ era giusto
così.
'Certe medaglie si appendono all'anima, non alla giacca'
Durante la resistenza, tra il 1943 e il 1944, Gino Bartali salvò la vita a quasi ottocento ebrei
trasportando documenti nel tubo della sua bicicletta '“ o nel manubrio, sotto il
sellino '“ per falsificare i passaporti e evitando che venissero deportati. Era stato il vescovo di Firenze Elia Angelo Dalla Costa ad affidargli
questa missione delicatissima, compiendo per almeno una quarantina di volte i
chilometri che separano Firenze da Assisi e fingendo allenamenti durissimi per
sviare le spie dell'Ovra. Una missione che di certo poteva costargli la vita e del quale lui stesso ne era pienamente
consapevole. Ma le vite da salvare erano molte, moltissime altre e Bartali sapeva
anche che la bici era un grande
strumento di pace se usato con le gambe giuste.

Si scoprì tutto solo dopo la sua morte, quando i figli resero pubbliche le
lettere e le testimonianze, quando il presidente Ciampi assegnò la medaglia d'oro
al valore nel 2006. Sette anni dopo venne proclamato 'Giusto tra le Nazioni' proprio a Gerusalemme e il suo nome è
scritto nel Sacrario della Memoria insieme a molti altri italiani che, in un
modo o nell'altro, si opposero ai nazisti e alle loro leggi.
E' seguendo il vento di pace di Gino
Bartali, campione italiano umile e autentico, che parte il Giro d'Italia numero
centouno. Un anno dopo un traguardo così importante, in una terra continuamente
martoriata dai conflitti, come se fosse un Giro per ricominciare da zero,
tenendosi tutta la bellezza avuta prima. Perché la bicicletta insegna sempre che
basta un po' di coraggio per fare cose immense.