Era il 1983 e Greg LeMond diventava il primo statunitense a
conquistare un titolo iridato. Ecco la s...

Era il 1983 e Greg LeMond diventava il primo statunitense a
conquistare un titolo iridato. Ecco la storia di un americano che ispirò il
mondo.
Se lo sparo di Goodwood
fece innamorare del ciclismo almeno la metà dei giovani degli anni Ottanta, la
medaglia d'argento di quell'anno '“ che dovette fare i conti con un Saronni miracoloso - non fu da meno. Greg LeMond, nato nel '61 negli Stati
Uniti, a Lakewood, si appassionò al ciclismo andando controcorrente rispetto ai
cuori dei bambini americani medi, votati al rugby e all'NBA.
Il sogno di LeMond di fare il ciclista era strettamente legato al suo talento.
Lo capì Fred Mengoni che lo mise su
una bicicletta e lui, per ricambiarlo, vinse praticamente subito: campione del
mondo juniores a Buenos Aires e due
anni dopo il passaggio al professionismo nella Renault Gitane di Bernard Hinault al quale dovette fare,
naturalmente, da gregario. Ma Greg LeMond è nato per essere uno dei grandi. In
bici non è perfetto e nemmeno elegante ma ha doti straordinarie e in lui inizia
a formarsi l'archetipo di idolo degli ultimi anni '80 inizio '90, proiettando
il ciclismo in una nuova era, con le sue introduzioni tecnologiche come il
manubrio da Triathlon e le bici in fibra di carbonio o più semplicemente il suo
contratto da un milione di dollari,
il primo firmato da un ciclista che riportasse una cifra così alta.
John Wilcockson '“ un giornalista
britannico '“ lo definì semplicemente come un fuoriclasse.

Nella sua carriera densa di primati, uno di quelli più
memorabili '“ specialmente per l'orgoglio americano '“ è stato il Mondiale di Alterhein nel 1983, un anno dopo Goodwood appunto, quando divenne
il primo statunitense a indossare la maglia iridata dopo una fatica di sette
ore in bicicletta, vincendo davanti all'olandese Adrie Van der Poel e Stephen
Roche, giunti al traguardo con un ritardo di 1' e 11'. Un trionfo che fece
solamente da apripista a una serie di successi consecutivi, compreso il
leggendario duello con Fignon al
Tour de France, e che segnò profondamente la cultura americana in fatto di
bici. Un po' come Cadel Evans con
l'Australia, Greg LeMond aprì gli occhi agli States, ispirò i ragazzini,
condizionò in diversi modi i loro sogni, convertendoli alla bicicletta e alla
passione per quel ciclismo che sembrava una prerogativa del vecchio continente.
Dopo il suo ritiro, LeMond provò a darsi alle quattro ruote
ma senza grandissimi successi. La sua eredità sportiva riesce ad andare oltre
alle vittorie. A lui va il merito di essere rimasto un eroe rassicurante per
gli americani usciti spezzati a metà dal fenomeno Armstrong, un ago che riuscì a controbilanciare le rabbie, gli
scontenti, le delusioni, tenendo insieme un Paese scosso dall'impossibilità di
definire il confine tra la menzogna e la verità.