Nell'inferno della tappa del Tour de France più temuta,
quella di Roubaix, John Degenkolb ha ritrova...

Nell'inferno della tappa del Tour de France più temuta,
quella di Roubaix, John Degenkolb ha ritrovato il suo paradiso.
Attesa da mesi come uno spartiacque tale da mettere in
discesa o compromettere il Tour di
tutti gli uomini di classifica, la tappa del pavé si è risolta sostanzialmente
con un nulla di fatto, visto che solo Uran ha perso circa 1'30", anche se
non va dimenticato il ritiro di Richie
Porte, uno dei principali favoriti, a causa di una caduta.
Se per tutti gli uomini di classifica l'obiettivo era di salvarsi ad ogni costo, anche
sacrificando compagni di squadra che potevano vincere la tappa, per tanti altri
specialisti del pavé, c'erano gli ultimi cinque vincitori della Roubaix,
l'obiettivo era solo quello di vincere. Se i più attesi erano Sagan e Van Avermaet con la Quick Step pronta a fare il bello ed il cattivo
tempo, come era successo nella campagna del Nord di qualche mese fa, a vincere
è stato un corrodere forte sulle pietre ma che veniva da stagioni difficili.
A trionfare a Roubaix, due anni e mezzo dopo aver
conquistato la Parigi-Roubaix, è
stato John Degenkolb che con questo
successo spera di essersi lasciato alle spalle, in maniera definitiva, i postumi
del grave incidente del gennaio 2016, quando una macchina investì lui e alcuni suoi compagni di squadra mentre
si allenavano in Spagna.
Da quel giorno, John che nel 2015 aveva vinto Sanremo e Roubaix, come avevano saputo
fare prima di lui solo Cyrille Van Hauwaert nel 1908 e Sean Kelly nel 1986, non era più stato capace di ritrovarsi.
Tra il recupero dalla caduta e una serie di piccoli problemi fisici, complice
anche il cambio di squadra, col passaggio dalla Giant alla Trek, in due anni è
mezzo ha vinto solo cinque corse, un bottino decisamente misero per un
corridore con la sua classe.
Se l'inizio di stagione, con i successi a Maiorca sembrava poterlo riproporre a certi livelli, una
bronchite lo aveva costretto a saltare la Sanremo e una campagna del Nord senza
squilli, ci aveva lasciato la sensazione che i giorni migliori fossero alle
spalle. Se nelle varie volate della prima settimana, aveva lanciato qualche
segnale incoraggiante, domenica su quel pavé per tanti infernale, John ha ritrovato il suo paradiso.
Sul settore di Camphin-en-Pévèle,
uno dei più difficili, non appena ha visto l'accelerazione di Yves Lampaert e la pronta reazione
della maglia gialla Greg Van Avermaet, John ha ritrovato le vecchie convinzioni
e capito che non poteva lasciarsi sfuggire questa chance. Nulla ha potuto
fermare Degenkolb, nemmeno la melina dell'ultimo chilometro o la volata
affrontata sempre in testa.

Nei 18 km conclusivi, quelli che hanno visto la cavalcata
trionfale del terzetto che poi si è giocato la tappa, è come se il tempo fosse
tornato indietro, con Degenkolb sicuro
della sua forza e delle sue chance, convinto di poter battere tutti, anche
chi negli ultimi due anni ha vinto Olimpiade e Roubaix, come Greg Van Avermaet.
Questa che è la sua prima vittoria sulle strade del Tour,
non avrà lo stesso valore della Sanremo o della Roubaix conquistate nel 2015, ma per John ha un significato enorme, come dimostra la sua felicità nel dopo
tappa e la dedica ad un amico scomparso lo scorso anno. Il tempo ci dirà se
tornerà ad essere il corridore capace di giocarsi le classiche con Sagan o se
questa vittoria rimarrà una gemma isolata, di sicuro resterà una delle pagine
più belle di questo Tour.