A Glasgow Matteo Trentin ha interrotto
il digiuno della Nazionale Italiana che durava da dieci anni ...

A Glasgow Matteo Trentin ha interrotto
il digiuno della Nazionale Italiana che durava da dieci anni e ridato speranza
al movimento italiano.
Quando Matteo Trentin ha alzato le
braccia al cielo, per l'Italia, si è spezzato un digiuno lungo 10 anni e per chi in questo periodo ha seguito la Nazionale Azzurra tra Mondiali,
Olimpiadi ed Europei è sembrata la fine di una maledizione. Una maledizione che
aveva visto gli azzurri correre decisamente bene in più occasioni da Doha a
Rio, da Herning a Bergen, senza mai riuscire a raccogliere nulla di concreto, basti pensare ai piazzamenti nei
cinque di Nizzolo in Qatar o di Trentin in Norvegia o la caduta di Nibali in
Brasile, quando una medaglia era praticamente certa.
In Scozia, sul tracciato di Glasgow, in una gara che si preannunciava
scontata, con la volata finale che
avrebbe assegnato la maglia di campione d'Europa, il nostro capitano era Elia Viviani ma a scombinare i piani
della nostra e di tutte le altre nazionali, è stata la pioggia che ha reso
molto più dura del previsto la gara,
con l'azione decisiva partita ad oltre 50 km dal traguardo e non era per nulla
scontato che al suo interno ci fossero due
azzurri tra cui una
delle nostre punte.
Siccome non
è la prima volta che le nazionali di Davide
Cassani riescono ad essere presenti, anche con più di un uomo, in quelle
che poi sono le azioni che decidono le gare, forse sarebbe il caso, a
differenza di quanto è stato fatto in passato, di guardare alle corse e al
comportamento della nostra squadra senza
basarsi solo sul risultato finale.
Se a Doha e
Bergen avevamo messo i nostri capitani, Nizzolo
e Trentin, nella condizione di potersi giocare il successo finale, a Glasgow, complice anche un pizzico di
fortuna (la caduta di Lammertink), eravamo addirittura in superiorità numerica
visto che al fianco di Matteo Trentin
c'era Davide Cimolai e la sua
presenza è stata fondamentale per la conquista dell'Europeo.
Per Trentin
questo successo arriva dopo mesi decisamente difficili visto il cambio di
squadra, dopo 7 stagioni alla Quick Step, e una serie di infortuni, che proprio nel momento decisivo della sua
carriera, quello in cui è chiamato a raccogliere risultati importanti, dopo gli
anni spesi al servizio dei vari capitani dello squadrone belga, lo hanno prima
rallentato nell'avvicinamento alle classiche del Nord e poi fermato nella sua prima Roubaix da capitano.
Sebbene nei
prossimi 12 mesi Trentin coprirà la divisa della Mitchelton-Scott con la maglia di campione europeo, questo successo
deve essere il punto di partenza della seconda parte della sua carriera, una
seconda parte di carriera dove potrà correre le classiche da capitano e andare
a caccia di tappe nei GT visto che ha già vinto in tutte e tre le grandi corse a tappe.
Anche domenica, dove ha battuto due ragazzi come Van der Poel e Van Aert che di professione fanno i dominatori del ciclocross ma che promettono di diventare grandi
anche su strada, ha mostrato grande intelligenza nel saper leggere le pieghe della corsa e, non sbagliando nulla nella
volata finale dove, essendo il più veloce, il pericolo era quello di farsi
anticipare da uno dei due fenomeni, ha dimostrato di avere le doti del vincente.

Con la vittoria dell'Europeo, Trentin regala all'Italia del
ciclismo un nuovo titolo a 10 anni
di distanza dal trionfo di Ballan a
Varese e consente a Cassani e ai suoi ragazzi, che dal 2014 ad oggi sono
stati grosso modo sempre gli stessi, di scrollarsi di dosso l'etichetta dei
perdenti e di far scivolare via, come l'acqua caduta in quel di Glasgow, le critiche ricevute in questi anni,
quando sulla nostra strada abbiamo semplicemente trovato avversari più forti di
noi.