Un team azzurro disgregato dalle lotte interne: Lisbona 2001 fu una lezione
indelebile per capire co...

Un team azzurro disgregato dalle lotte interne: Lisbona 2001 fu una lezione
indelebile per capire cosa non si deve fare per vincere un Mondiale
Tutti ricordiamo il trionfo di Mario Cipollini a Zolder
nel 2002, al termine di una gara condotta alla perfezione dagli azzurri che mai
come in quell'occasione dimostrarono di essere una grande squadra con un solo obiettivo,
che era lo stesso per tutti e 12 i corridori in gara, portare Mario Cipollini in volata nella miglior
posizione possibile.
Tutti gli azzurri, compreso quell'Alessandro Petacchi che
stava iniziando ad esplodere, svolgono al meglio il proprio lavoro e consentono
a Cipollini di avere la meglio su Erik
Zabel e Robbie McEwen e di
conquistare la maglia iridata dopo aver aperto la stagione con la Sanremo e la
Gand, prima di conquistare sei tappe al giro e due alla Vuelta.
Quel 13 Ottobre, gli azzurri guidati da Franco Ballerini con il sapiente aiuto di Alfredo Martini, furono semplicemente perfetti e ognuno mise da
parte le proprie mire personali per il bene comune, eppure, solo 12 mesi prima,
quella stessa nazionale, guidata per la prima volta da Ballerini con Martini
dietro le quinte, si era resa protagonista
di una pagina nera del nostro ciclismo.
Quello italiano, nonostante non vincesse un Mondiale dal
1992, era il movimento più forte e
poteva contare su un numero quasi spropositato di campioni. Ballerini per la
sua prima nazionale convoca Michele Bartoli, Paolo Bettini, Francesco
Casagrande, Davide Rebellin, Gilberto Simoni, Danilo Di Luca, Ivan Basso,
Daniele Nardello, Giuliano Figueras, Eddy Mazzoleni, Paolo Lanfranchi e Gianni
Faresin.
Una squadra che poteva vincere almeno con la metà dei
convocati ma che come nel 2000 a Plouay viene frenata da gelosie e rivalità interne, ma se in Francia, in quella
che diventerà l'ultima nazionale del CT Antonio Fusi erano state le gerarchie
poco definite a far arrabbiare Michele Bartoli, a Lisbona le cose andarono
decisamente peggio.
Quel Mondiale potevamo giocarcelo in ogni modo, e le cose
sembrano mettersi bene nell'ultimo giro, quando Gilberto Simoni, sull'ultimo strapetto del circuito lusitano,
prosegue un'azione iniziata da Jan Ullrich e guadagna secondi importanti su un
gruppo che non sa bene cosa fare, ma proprio quando l'azione di Simoni inizia
ad avere qualche chance di successo, ad inseguirlo sono gli azzurri con Paolo Lanfranchi al servizio di Paolo
Bettini. Dopo poche centinai di metri, a fermare Lanfranchi arriva l'esperto
Faresin ma ormai, sotto l'impulso dato dalla trenata di Lanfranchi, il gruppo
si è riorganizzato e il destino di
Simoni segnato.
Alla fine quel Mondiale lo vincerà Oscar Freire davanti a Bettini, entrambi, come Lanfranchi corrono
per la Mapei e proprio a questo negli anni successivi Gilberto Simoni
attribuirà il comportamento del compagno di nazionale, che dal canto suo ha
sempre detto di non sapere che Simoni fosse ancora all'attacco, a completare il
quadro nefasto di una spedizione da dimenticare il rifiuto di Bartoli di lavorare per Bettini in vista della volata
finale.
Un primo Mondiale decisamente da dimenticare per un CT come
Franco Ballerini che nel corso degli anni riuscirà a fare della compattezza e
della lealtà tra compagni, la forza maggiore di una squadra che comunque poteva contrare su campioni e fuoriclasse.